
Una lettera dalla tua invidia
Mostri e Psicologia
Dietro allo scricchiolio lento di una porta, nell’immobilità di una casa abbandonata che continua a respirare, ci sono corridoi neri e rigonfiamenti nel muro che conoscono segreti, dettagli scomposti di una normalità incrinata e vento che soffia tra gli stipiti delle finestre. Tutto racconta di un richiamo, di solitudini e grovigli che hanno bisogno di essere accarezzati. Il buio, quando lo attraversi per tanto tempo, diventa affascinante quasi come il dolore: prima inizi trascinandotelo dietro e poi lo indossi come una pelle che sa di nostalgia. I mostri questa nostalgia la conoscono bene. È la nostalgia di essere compresi, visti, amati, ascoltati, che vive in tutte quelle parti di noi che ci terrorizzano. Credo che i mostri abbiano qualcosa di importante da insegnarci (non solo rispetto alle nostre parti lontane) ed è per questo che i prossimi post di Ferite Creative saranno dedicati a loro.

Una lettera dalla tua invidia
Com’è avere tutta la tua pelle addosso? Indossarla, come un mantello pieno di drappi brillanti.
Stirare la tua immagine su di me, per allungare le dita nella tua vita, come guanti velluto caldo.
Com’è avere tutti quegli sguardi addosso?
Quel riconoscimento, quella pressante richiesta di attenzioni, quell’amore che ti rende migliore di me.
Spesso raccontano che non sono una compagna raccomandabile.
Non è educato starmi a sentire. Non è conveniente. Non è giusto.
Dicono:
Estirpala!
Travestila con castelli di parole!
Soffocala in un piccolo pezzetto di te!
Ma io non sono fatta per le cose piccole, per i minuscoli spazi che trattengono il fiato e che riciclano la polvere.
Io sono Regina.
Di bisogni inascoltati,
di alti grattacieli che guardano con fame le altezze.
Tu credi che io nasca dallo sdegno, ma non sai che sono partorita dalla consapevolezza di non essere abbastanza, di non avere mai abbastanza e dall’ansia di non poterci fare assolutamente nulla.
Non conosco altro modo di respirare se non quello di ferire.
Ma no, non sono qui per dirti che se mi accoglierai andrà tutto bene e vivremo una grandiosa storia d’amore.
Sono qui per farti una domanda scomoda, a cui non vuoi rispondere: cosa ti sta impedendo di percorrere la tua strada?
Tua,
Invidia
I mostri, l’invidia, la conoscono bene. Quello che più ci scuote forse è proprio la loro capacità di esprimerla, di ammetterla, senza paura. L’invidia è una di quelle emozioni che più cerchiamo di camuffare. A volte provarla ci fa sentire cattivi e inadeguati, altre ci scava solo un grande buco nel petto – dove nessun vaso può incastrarsi. Eppure, come ogni altra emozione, anche l’invidia ha uno scopo, tiene in vita uno scheletro che sorregge qualcosa (che cosa sia, ognuno lo deve indagare per proprio conto). Dall’altra parte c’è poi quello che viene invidiato per la propria pelle – senza tenere conto però di quanto pesano tutti gli organi e gli abissi che ha nel cuore. Ricevere l’invidia altrui, fa tantissimo male. D’improvviso si viene investiti della stessa ferita di cui sanguina l’altro. In questo caso è importante ricordarlo: non siamo costretti a nuotare nelle ferite degli altri. Mettere un confine non ci rende cattivi.

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