Quello che vediamo online è un frammento di una realtà molto più complessa

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L’identità digitale

Ognuno di noi ha un’identità digitale, cioè un determinato modo di essere, comunicare e mostrarsi online. Ognuno di noi costruisce questa identità più o meno consapevolmente mostrando, di solito, le parti migliori di sé. Cerchiamo di tenere a mente che noi mostriamo un piccolo pezzo della nostra persona, ma anche gli altri online stanno facendo lo stesso.

Quello che vediamo online è un frammento di una realtà molto più ampia e complessa. Nessuno è sempre felice, competente, bello, forte, sensibile, come appare sui social. Le persone a volte sono anche vulnerabili, tristi, arrabbiate, piene di difetti, anche se non lo vediamo sulle loro pagine.

Quando dimentichiamo questa informazione e confrontiamo quello che vediamo con le nostre vite, possiamo così sperimentare vissuti di inadeguatezza, tristezza, rabbia.

Rispettare i confini

Il marketing ce lo dice da tempo: più ci raccontiamo, più mostriamo la nostra quotidianità, più avremo visibilità e svilupperemo un forte legame con i nostri follower.

Anche se questa è una legge valida per il marketing, ricordiamoci che non dobbiamo necessariamente seguirla. Siamo liberi di segnare i nostri confini, di scegliere cosa mostrare online e cosa tenere per noi.

Le emozioni che proviamo possono aiutarci a orientare la bussola rispetto ai contenuti da pubblicare sulla nostra pagina.

Ad esempio, quando stiamo per condividere un pezzo intimo di noi sul web è sempre utile domandarsi perché lo stiamo facendo. È perché la nostra apertura su quel tema può aiutare gli altri? Per un nostro desiderio di autenticità? Per il desiderio di riconoscimento? E che ripercussioni potrebbe avere la condivisione di questo pezzo nella nostra vita “reale”?

Ricordiamoci poi sempre che i “follower” sono persone. Non è la quantità di persone che segue la nostra pagina a rendere più o meno valido il nostro pensiero, le nostre capacità, la nostra creatività.

Quando i social diventano la nostra fonte di riconoscimento

Ormai diversi studi mostrano da tempo come i social siano connessi al sistema ricompensa del cervello umano. Quando riceviamo “mi piace”, commenti, interazioni, il nostro cervello si attiva come se ricevessimo una ricompensa e ci sentiamo bene. Ci sentiamo visti, riconosciuti, approvati.

Non c’è nulla di male nel sentirsi bene perché riceviamo un’interazione, commenti o domande dagli altri rispetto a quello che pubblichiamo. L’importante è essere consapevoli di quanto siamo legati al bisogno di avere riconoscimento dagli altri quando pubblichiamo qualcosa.

Qual è l’obiettivo della nostra presenza online?

Proviamo a chiedercelo quando il virtuale diventa ingombrante e la mancanza di consenso esterno genera in noi tristezza, vergogna, rabbia, invidia.

Troviamo la nostra strategia per vivere bene nel virtuale

Il problema non sono i social, siamo noi e come li usiamo.

Il mondo virtuale è un’occasione significativa di incontro e confronto. Ognuno di noi è importante perché porta un punto di vista diverso.

Ricordiamoci questo: possiamo arricchire la community con la nostra unicità. Non confrontiamoci con gli altri. Non dobbiamo essere loro. Dobbiamo essere noi.

Non esiste un metodo da seguire per usare bene la tecnologia. Quello che possiamo fare è arricchire la nostra consapevolezza. Impariamo a osservarci e ad ascoltarci per costruire la nostra modalità personale di abitare questi spazi.

Come? Sperimentando!

A proposito di questo tema esiste una risorsa gratuita!

L’osservatorio digitale è un semplice strumento che può aiutarti a riflettere sul tuo rapporto con il digitale. Quali sono le abitudini che ti piacerebbe cambiare?

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