
Il confine
Quando si deposita un confine dentro ti sale una vertigine alla testa perché il cuore trema tutto.
Fai una promessa: “Oltre a quella cosa lì – che vuol dire continuare a sopportarla e andare avanti senza dire nulla – io non ci posso andare”
Il confine fa paura perché sai che oltre a quello hai segnato la fine di un mondo, ma dona anche un senso di protezione e amore, perché sai che ti stai prendendo cura di te veramente. Ti stai mettendo al primo posto.
Portare i nostri confini nella relazione è molto difficile a volte. Perché bisogna parlare di cose scomode e fragili e taglienti. Cose che possono ferire l’altro ma che sono necessarie per andare avanti.
L’affacciarsi sulle vertigini altrui è necessario per crescere insieme.
Ma se le nostre vertigini le proteggiamo perché pensiamo che l’altro non sia in grado di restare affacciato su quel vuoto, come facciamo a sentire di abitare una tana sicura?
Il confine vibrerà come una vertigine quando verrà oltrepassato.
E allora bisognerà sedersi a un tavolo guardandosi negli occhi e dicendo: “Io oltre a questo non posso andare. Che facciamo? Non voglio lasciar scorrere via questo come se fosse la normalità”
Poi la vita risponderà.
Il confine si solidifica con il tempo. Solo vivendo entra nelle azioni, non con un ragionamento ben pianificato nella testa e forse quello che ci insegna è che tra il restare e l’andarsene c’è sempre una terza via: il provare a fare le cose insieme all’altro.

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