Dorian Gray e il soppalco

Mostri e Psicologia

Dietro allo scricchiolio lento di una porta, nell’immobilità di una casa abbandonata che continua a respirare, ci sono corridoi neri e rigonfiamenti nel muro che conoscono segreti, dettagli scomposti di una normalità incrinata e vento che soffia tra gli stipiti delle finestre. Tutto racconta di un richiamo, di solitudini e grovigli che hanno bisogno di essere accarezzati. Il buio, quando lo attraversi per tanto tempo, diventa affascinante quasi come il dolore: prima inizi trascinandotelo dietro e poi lo indossi come una pelle che sa di nostalgia. I mostri questa nostalgia la conoscono bene. È la nostalgia di essere compresi, visti, amati, ascoltati, che vive in tutte quelle parti di noi che ci terrorizzano. Credo che i mostri abbiano qualcosa di importante da insegnarci (non solo rispetto alle nostre parti lontane) ed è per questo che i prossimi post di Ferite Creative saranno dedicati a loro.

Dorian Gray e il soppalco

Dorian Gray ce lo insegna: abbiamo paura di essere banali. Ma soprattutto abbiamo paura di stare nudi senza protezioni davanti al nostro dolore, che diventa sempre più mostruoso man mano che lo travestiamo.

Queste paure sono molto umane e non è che vadano risolte (anzi, forse è ora di uscire in fretta dal pensiero che ci sia qualcosa da risolvere).

A volte costruiamo un soppalco sopra ai vuoti che conteniamo – e come rimbomba la nostra voce quando stiamo affacciati da quel balconcino!

Ci abbiamo messo dell’edera e dei vasi di gardenia per renderlo più carino. Lo abbiamo riempito di quadri, vestiti, letture e incenso, amori, piacere, bellezza e tormento – sì, perché anche la sofferenza diventa pregiata quando ti dona un’identità.

Poco importa se l’arredamento non spegne quel vuoto che sotto continua a bruciare. Finché qualcosa dal mondo esterno ci vede va bene così.

Insomma la cosa può funzionare, ma solo per un po’. Gli sguardi esterni, finché non diventano anfore interne, alla fine non bastano mai. E non puoi certo dire: “Ehi, guarda che non ti accorgi del vero problema! Se togli tutta sta roba di mezzo, liberi il soppalco e affronti quello che sta sotto, starai meglio!”

Cioè lo puoi dire, ma non stai tenendo conto che sotto il soppalco il vuoto resta.

Sotto, non ci sono basamenti, né cavi elettrici, ne tubature per l’acqua, né mattoni da impilare.

Bisogna iniziare a costruire là sotto. Lo fai con indosso una vestaglia di seta e con un calice di vino in mano? Lo fai continuando a riempirti di tutto tranne che delle tue emozioni? Non importa.

Basta iniziare. Il resto lo impari pian piano.

Abbiamo costruito tutti bellissimi soppalchi sopra i nostri grandi abissi, ma non possiamo demolirli senza prima iniziare a costruire qualcosa sotto che regga il peso.

Spoiler: la terapia è un’ottima ditta di costruzioni.

Spoiler 2: non è detto che tutti i soppalchi vadano abbattuti – a volte hanno una storia è una funzione vitale.

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